Buongiorno a tutti, oggi è la festa della liberazione e come molti di voi anche io sono in ferie, ho trovato un bel articolo del Post che spiega le origini di questa festa nazionale, per chi fosse interessato lo trova Qui.
Oggi vi parlo di un libro abbastanza corto ma che ho impiegato due mesi a finire, è un libro ricco di interessanti spunti di riflessione, fatemi sapere che ne pensate.
Titolo:
L'invenzione della solitudine
Trama:
"Il libro si compone di due scritti speculari. Il primo, "Il ritratto di un uomo invisibile", è una meditazione sulla scomparsa del padre, scritta qualche settimana dopo la sua morte. "Niente è più terribile che trovarsi faccia a faccia con gli oggetti di un morto. Le cose di per sé sono inerti: assumono significato solo in funzione della vita che ne fa uso", scrive Auster nel passare in rassegna le carte e gli oggetti del padre. Nel secondo "pezzo", "Il libro della memoria", l'autore sposta la sua attenzione dalla sua identità di figlio a quella di padre: riflette sulla condizione solitaria dello scrittore e prova a immaginare quella che sarà fatalmente la separazione dal figlio che cresce."
Recensione:
Ho sentito molto parlare di Paul Auster dopo l'uscita del suo mastodontico romanzo "4321", così ho deciso di leggere qualcosa di suo per avvicinarmi al suo stile in previsione della mia futura lettura del suo nuovo libro.
"L'invenzione della solitudine" è un libretto di 200 pagine scarse composto da due parti: nella prima Auster parla della morte del padre e cerca di descrivere com'era; nella seconda parte invece segue il sentiero tortuoso dei suoi pensieri attraverso ricordi e riflessioni, cercando di rispondere a domande esistenziali che il lettore può solo immaginare.
La prima parte mi ha colpita molto. Auster cerca di ricostruire pezzo dopo pezzo il carattere del padre, ne emerge così una figura ricca di sfaccettature, luci e ombre, che delineano un uomo con caratteristiche estremamente contrastanti tra loro. In molti casi sembra si parli di persone diverse ed è lo stesso Auster che se ne rende conto, il che lo porta a riflettere su chi fosse davvero suo padre.
Questa parte segue un percorso abbastanza lineare e si percepisce il subbuglio di sentimenti che animava l'autore mentre la scriveva, si sente l'amore di Auster per quel genitore che spesso non capiva e con il quale non mancavano i contrasti.
La seconda parte, invece, la descriverei come un flusso di pensieri e ricordi, che Auster mette su carta, alla ricerca di risposte a domande che non ci svela. Queste pagine sono più frammentate e ingarbugliate rispetto alla prima parte, si passa da una narrazione in prima persona a una in terza ma il punto di vista è sempre quello di Auster. È un po' strano leggere qualcuno che parla di se stesso in terza persona, Auster si chiama ora solo A, sembra quasi che voglia estraniarsi dai suoi stessi pensieri, il che crea una strana situazione perchè il lettore sa fin da subito che A è Auster.
Questa seconda parte è stata più difficile da leggere, la mancanza di linearità tra una pensiero e il successivo mi ha dato la sensazione di essere entrata nella testa di qualcun altro ed è stato complicato seguire il filo logico che sta dietro a tutto. Questa parte non mi ha lasciato molto, proprio per colpa della frammentazione di pensieri che racchiude, ci sono delle riflessioni che mi hanno colpita e dei ragionamenti che condivido, ma comunque una volta giunta all'ultima pagina mi è rimasta più di tutto una grande confusione in testa.
Nel complesso devo dire che lo stile di Auster mi incuriosisce, ora sento di conoscerlo un poco, ma non ancora del tutto, perciò sicuramente leggerò qualcos'altro di suo.
Giudizio:
Personaggio Preferito:
Il personaggio più approfondito è il padre di Auster, il quale viene descritto in ogni sfaccettatura conosciuta dal figlio, mi è piaciuta la ricostruzione che ne ha fatto Auster perchè dimostra quanto sia difficile conoscere davvero qualcuno.
"Ciascun libro è un'immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere, e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un individuo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine."
Recensione:
Ho sentito molto parlare di Paul Auster dopo l'uscita del suo mastodontico romanzo "4321", così ho deciso di leggere qualcosa di suo per avvicinarmi al suo stile in previsione della mia futura lettura del suo nuovo libro.
"L'invenzione della solitudine" è un libretto di 200 pagine scarse composto da due parti: nella prima Auster parla della morte del padre e cerca di descrivere com'era; nella seconda parte invece segue il sentiero tortuoso dei suoi pensieri attraverso ricordi e riflessioni, cercando di rispondere a domande esistenziali che il lettore può solo immaginare.
La prima parte mi ha colpita molto. Auster cerca di ricostruire pezzo dopo pezzo il carattere del padre, ne emerge così una figura ricca di sfaccettature, luci e ombre, che delineano un uomo con caratteristiche estremamente contrastanti tra loro. In molti casi sembra si parli di persone diverse ed è lo stesso Auster che se ne rende conto, il che lo porta a riflettere su chi fosse davvero suo padre.
Questa parte segue un percorso abbastanza lineare e si percepisce il subbuglio di sentimenti che animava l'autore mentre la scriveva, si sente l'amore di Auster per quel genitore che spesso non capiva e con il quale non mancavano i contrasti.
"Se da vivo continuavo a sondarlo cercando in lui il padre che non c'era, sento ancora il bisogno di cercarlo da morto. La sua morte non ha cambiato nulla. L'unica differenza è che mi manca il tempo."
La seconda parte, invece, la descriverei come un flusso di pensieri e ricordi, che Auster mette su carta, alla ricerca di risposte a domande che non ci svela. Queste pagine sono più frammentate e ingarbugliate rispetto alla prima parte, si passa da una narrazione in prima persona a una in terza ma il punto di vista è sempre quello di Auster. È un po' strano leggere qualcuno che parla di se stesso in terza persona, Auster si chiama ora solo A, sembra quasi che voglia estraniarsi dai suoi stessi pensieri, il che crea una strana situazione perchè il lettore sa fin da subito che A è Auster.
Questa seconda parte è stata più difficile da leggere, la mancanza di linearità tra una pensiero e il successivo mi ha dato la sensazione di essere entrata nella testa di qualcun altro ed è stato complicato seguire il filo logico che sta dietro a tutto. Questa parte non mi ha lasciato molto, proprio per colpa della frammentazione di pensieri che racchiude, ci sono delle riflessioni che mi hanno colpita e dei ragionamenti che condivido, ma comunque una volta giunta all'ultima pagina mi è rimasta più di tutto una grande confusione in testa.
Nel complesso devo dire che lo stile di Auster mi incuriosisce, ora sento di conoscerlo un poco, ma non ancora del tutto, perciò sicuramente leggerò qualcos'altro di suo.
"Per un attimo la donna si trovò casualmente davanti al ritratto che era stato dipinto quasi ottant'anni prima e A. vide, come in un incredibile balzo nel tempo, che il volto della bambina del quadro e quello della vecchia di fronte a lui erano esattamente uguali. Per quell'unico istante gli sembrò di avere squarciato l'umana illusione del tempo, cogliendolo per quello che era: niente più che un battere di palpebre."
Personaggio Preferito:
Il personaggio più approfondito è il padre di Auster, il quale viene descritto in ogni sfaccettatura conosciuta dal figlio, mi è piaciuta la ricostruzione che ne ha fatto Auster perchè dimostra quanto sia difficile conoscere davvero qualcuno.